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L’umanità nella sua quasi interezza, da qualche decennio, vive contemporaneamente due vite parallele: una nella realtà e un’altra sui social media. Li amiamo, altrimenti non ci staremmo tutto quel tempo, perché ci danno un appagamento morboso, soddisfano il bisogno di avere un palcoscenico, di poter dire comunque la nostra con il piacere di essere ascoltati e ricevere Mi piace. Li odiamo, e lo diciamo continuamente, perché ci fanno perdere tempo, sentire sopraffatti e dipendenti da incomprensibili algoritmi. Siamo alla disperata ricerca di nuove coordinate, scrolliamo infinitamente i nostri feed nell’attesa che qualcuno ci spieghi qual è il problema e come risolverlo.

Andare in profondità è lo scopo del mio lavoro, illuminando angoli oscuri e scoprendo nuovi mondi.